Il Sud, l'Italia, l'Europa by Emanuele Felice;

Il Sud, l'Italia, l'Europa by Emanuele Felice;

autore:Emanuele, Felice; [Felice, Emanuele]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Storia, Politica, Economia, Contemporanea
ISBN: 9788815353542
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2019-09-14T22:00:00+00:00


26. Il lavoro offeso dal gioco al ribasso

Nel mondo del lavoro i voucher si stanno imponendo come alternativa all’assunzione a tempo indeterminato. Persino grandi comuni come Torino e Napoli, governati da forze dichiaratamente ostili alle recenti riforme (i Cinquestelle, De Magistris), ne fanno ampio uso nel 2016. Tuttavia, a onor del vero, l’abnorme proliferazione di questo strumento, che ha ulteriormente aumentato la precarietà, non è direttamente riconducibile al governo Renzi e al jobs act. La liberalizzazione dei voucher è imputabile a una serie di norme varate dall’ultimo governo Berlusconi e poi soprattutto dai governi Monti (che ne estende l’uso a tutti i settori) e Letta (che ne cancella la natura meramente occasionale). Il jobs act di Renzi è invece la prima norma che ai voucher pone qualche limite: il divieto di utilizzarli negli appalti e, soprattutto, l’obbligo di tracciabilità per il datore di lavoro, che adesso deve dichiarare in anticipo luogo, giorno e orario della prestazione. Quest’ultima norma, se bene applicata (ma i dati complessivi non sono ancora disponibili), dovrebbe servire a contrastare il lavoro nero, ovvero la pratica diffusasi di ricorrere ai voucher per coprire, ex post e in caso di ispezione, un lavoratore assunto in modo irregolare.

Ma allora perché questo strumento è cresciuto tanto, proprio negli ultimi tempi? Perché ha preso il posto delle altre forme di lavoro precario, che il jobs act ha accantonato a favore del contratto a tutele crescenti: paradossalmente (ma forse si poteva immaginare), una volta sfoltite le forme intermedie, non abbiamo avuto un’evoluzione verso l’alto del contratto di lavoro, ma un’involuzione verso il basso.

Alla luce di questo risultato, è evidente che lo strumento dei buoni lavoro debba essere radicalmente ripensato. Altrimenti il jobs act avrà sortito, sul piano pratico, effetti contrari a quelli auspicati da alcuni dei suoi sostenitori. Più che riesumare le forme intermedie di contrattazione a tempo determinato, che il jobs act giustamente voleva mandare in soffitta, sarebbe bene tornare a limitare l’uso dei voucher solo ad alcuni settori e a prestazioni meramente occasionali, com’era prima del governo Monti. I voucher dovrebbero avere senso solo come strumento di contrasto del lavoro nero, una sorta di agevolazione che naturalmente deve affiancarsi a controlli e sanzioni.

Ma oltre a questo bisognerebbe intendersi anche su un punto di principio, specie nel campo riformista: la precarizzazione del lavoro è una risposta sbagliata al declino dell’Italia. Il nostro paese declina da vent’anni, ha molti parametri fuori norma rispetto alle altre economie avanzate: i tempi lunghi della pubblica amministrazione e della giustizia; i risultati del sistema scolastico e universitario, che è sottofinanziato; la tassazione sui fattori produttivi, capitale e lavoro; i livelli di evasione fiscale e di corruzione, più in generale la qualità della classe dirigente politica e imprenditoriale. Ma tra questi parametri non c’è il mercato del lavoro: in quanto a flessibilità siamo più o meno nella media sin dall’epoca delle riforme di Tiziano Treu, nella seconda metà degli anni Novanta; da un po’ di tempo, anche sopra la media.

L’Italia declina perché non ha capito qual è il suo ruolo nel mondo globalizzato.



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